La Zattera della Medusa - Blueverse Web Site

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La Zattera della Medusa

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LA STORIA
Nel giugno del 1816, la fregata francese Méduse partì da Rochefort in direzione del porto di Saint-Louis, sulle coste del Senegal; con essa viaggiavano altre tre navi, la Loire, la Argus e la corvetta Écho.
Il comando della nave fu affidato all’altezzoso Hugues Duroy de Chaumareys, un vecchio e superbo aristocratico che non navigava più da venticinque anni, un raccomandato di ferro imposto alla guida del vascello dal governo borbonico di Parigi contro ogni regola del buon senso e delle competenze professionali.
Il viaggio cominciò subito sotto i peggiori auspici.
La nave andò a sbattere contro il banco sabbioso di Arguin, affiorante in pieno oceano a molte miglia di distanza dalla costa africana.
Furono fatti dei tentativi per disincagliare la nave, ma nessuno andò a buon fine e così, compreso che per sopravvivere bisognava abbandonare la nave e che le lance a bordo erano solo sei, chiaramente insufficienti per salvare tutti, si tenne un consiglio e si optò per una soluzione apparentemente sensata: costruire una zattera con i resti della Medusa e imbracarvi centocinquanta naufraghi.
I patti erano questi: le lance avrebbero legata a sé la zattera mediante robuste funi, e con la forza dei remi e del vento l’avrebbero rimorchiata in salvo fin sulla costa africana. Questo fu quanto dissero. Invece, agirono diversamente.
Il 5 Luglio si abbandonò velocemente la nave, ormai relitto, accasciato su un fianco, invaso dall’acqua e con la chiglia spezzata in due.
La zattera, costruita in pochi giorni, lunga 20 metri e larga 7, fu legata alle lance ma, non appena fu possibile, per scampare oltretutto al pericolo che le lance andassero in collisione tra loro a causa delle funi, venne dato agli ufficiali un ordine congiunto: a colpi d’accetta si tagliarono velocemente le funi.
La zattera venne abbandonata alla deriva, senza viveri, senz’acqua, senza strumenti di navigazione.
Nei tredici giorni che seguirono su quella zattera accaddero cose terribili. Ci si uccise per un sorso d’acqua o di vino, si mangiarono i corpi dei morti, si gettarono in mare i moribondi.
All’alba del 17 luglio vennero tratti in salvo dall’Argus appena quindici sopravvissuti a quella terribile carneficina.


 
 
 
 
 
 
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